In Rete un’infinita tavolozza di idee. Come aprire un’enorme scatola di pastelli con tutte le nuances possibili e dover decidere da quale iniziare a scrivere la storia di un foglio bianco.
Scelgo una parola, come ad esempio GUARDARE, la traduco con
GOOGLE in thailandese e la cerco come immagine. Si aprono riquadri di soggetti
differentissimi tra loro.
Il verbo è astratto, non è come cercare CUCCHIAIO,
anche se il cucchiaio, come lo sguardo raccoglie ciò che trova davanti a sé nel
piatto.
Se cercassi BUCA DELLE LETTERE
le immagini sarebbero molto
più simili tra loro, più leggibile la coerenza dell’oggetto d’uso che appare in
ogni immagine.
Cerco la schermata che mi appaga di più esteticamente, sia
come cromia che come possibilità di intuire la lingua scelta e la parola.
Uso molto
la possibilità datami dal computer di salvare in memoria l’immagine con la
funzione STAMP. Stampo le
schermate che mi interessano su di un foglio del colore che preferisco. Il
colore bianco rispetta la foto, ma non necessariamente questo è importante. Può
essere più importante il messaggio dato dal colore scelto che avrà poi il primo
impatto visivo, e renderà omogeneo e secondario il contenuto. Questo perché nel
frastuono del rumore visivo tutto si riduce a puro silenzio cromatico, per
eccesso di imput. Questo lavoro
sulle immagini strappate dalla Rete, può essere fatto, ma è meno impersonale e
più emotivo, con foto proprie, su argomenti o su di un linguaggio. A me piace scegliere anche le parole stesse e selezionarle e salvarle come immagine.
Colori e sensi si mescolano a monitor come su di una tavolozza. On line.
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